99 POSSE LA VIDA QUE VENDRA’
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Il sol dell'avvenir
99 POSSE LA VIDA QUE VENDRA’ Bmg
Dopo una decina di anni vissuti sui palchi, negli studi di registrazione e soprattutto sulla strada, i 99 Posse continuano a sorprendere: non fossero bastati il significativo segnale del mix d’esordio Rafaniello, il sodalizio con i Bisca, l'inno Curre curre guagliò, lo “scandaloso” contratto con la multinazionale BMG e i tre dischi d’oro conquistati con il penultimo Corto circuito, l’ensemble partenopeo smentisce quanti lo vedevano avviato verso la definitiva “commercializzazione” con un album che a partire dal singolo apripista L’anguilla - suono non proprio accattivante e liriche minacciose che vanno a costituire un eloquente manifesto programmatico - sfugge alle trappole della standardizzazione e della prevedibilità. Al punto di rendere sterile l‘eterno dilemma della convivenza tra messaggio e mercato in quattordici nuove canzoni (compreso un breve frammento e una estrosa cover di El Pueblo Unido Jamàs Serà Vencido degli Inti Illimani) dove concetti importanti e parole forti si accoppiano a suggestive miscele di suoni moderni e azzeccate geometrie canore: si prenda come ideale esempio la splendida AII’Antimafia, un vulcanico raggamuffin dalle sfumature surf il cui testo al vetriolo vede anche il contributo dell’ospite Papa J. Non contiene brani immediatamente accattivanti, La vida que vendrà, anche se la presenza della sempre più spigliata Meg é ancor più centrale e cruciale che in passato; solco dopo solco, però il disco si rivela un variegato (e nonostante ciò omogeneo) campionario di sonorità oblique e stimolanti, nel quale c’é spazio per l’ossessività elettronica di Yankee Go Home e Sub, per le delicatezze drum’n’bass - accentuate dalla magica tromba di Roy Paci - di Sfumature, per il rap tesissimo e crepuscolare ma anche delicatamente lirico di Povera vita mia. Musica per i corpi, certo, ma anche musica per le menti e le coscienze, che ripaga l’attenzione di ascolto concessale con ottime vibrazioni, efficaci pirotecnie strumentali e riflessioni di spessore, queste ultime giocate sul filo di uno sloganismo mai stucchevole e di rado offuscate dalla retorica. Un risultato eccellente per una band che sembra avere trovato il perfetto habitat nel quale muoversi, seguendo i binari di una lenta ma sensibile maturazione stilistica.
Federico Guglielmi
MUCCHIO 2/5/00
martedi 02 maggio 2000
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