99 Posse diario da Praga - parte 2
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E i robocop presero i coltelli
Martedì 26 settembre. Alle 7 del mattino nel campo c’è un’atmosfera d’altri tempi ma non parlo degli anni ’70 o del ‘68, sembra di stare in un campo cartaginese all’alba di una epica sfida all’ Impero Romano. Centinaia di centurioni del nuovo millennio si aggirano per lo stadio barattando parastinchi per passamontagna, guanti e ginocchiere per un casco. Fatto sta che alle 9, caricato l’impianto sul furgoncino, si parte. Dopo un’ora di cammino sotto al sole, stanchi e sudati come beduini saharawi e con l’incazzatura ancora bella fresca per la condanna di Bové, il corteo non ti va a incontrare un McDonald? Due file di “gommoni” (camere d’aria di pneumatici legate tra loro ndr) ne sbarrano l’ingresso per impedire l’accesso alla polizia. Il locale viene messo temporaneamente fuori uso. Sul ponte troviamo ad aspettarci duemila robocop e ben due carri armati. La tensione è alle stelle, i “gommoni” sono a pochi centimetri dall’impatto. Ancora un passo e giù botte da orbi. I “gommoni” reggono per un pò ma gli sbirri hanno i coltelli e li usano, i “gommoni’ dopo trenta minuti di scontri sono inservibili ma intanto le transenne sono state travolte e portate via. Il corpo a corpo si fa estenuante, lacrimogeni rendono l’aria irrespirabile, le prime file si armano, resistono, combattono e conquistano quattro scudi e una decina di manganelli al nemico che comunque non perde un centimetro. Alle 5 dopo 4 ore di corpo a corpo si odono delle esplosioni dalla zona dei blu (soprattutto punk anarchici greci e inglesi ndr). Inconfondibili: molotov. II congresso e sospeso per la sicurezza dei delegati e le tute esauste si ritirano. I blu di sotto sono nel pieno degli scontri, giungono voci di ogni genere. C’è confusione, rabbia. Si decide che, il modo migliore per aiutare i blu sia creare dei diversivi per deviare un pò di polizia da loro a noi e così si va tutti in corteo all’Opera inscenando decine di blocchi stradali volanti. L’obiettivo è raggiunto, alle 18 quando la pressione della polizia sui blu si fa così esigua da permettere anche agli ultimi di loro di raggiungere l’Opera. A questo punto gli inglesi iniziano una serie di assalti mordi e fuggi a ristoranti con delegati, McDonald e hotel con delegati provocando cariche selvagge della polizia nelle quali ci imbattiamo noi italiani sulla strada del rientro al campo dove c’era da organizzarsi per la partenza del treno. Giunge la notizia che ci sarebbero tra i venti e i trenta italiani in stato di fermo. Così, con l’avvocato su una linea e l’ambasciatore sull’altra, occupiamo due bus e torniamo al campo a malincuore lasciando Praga in guerra. h. 21.30. Da qui racconta Marco Posse. Torniamo in campeggio. Fermarsi a mangiare qualcosa è impensabile: la polizia carica sui furgoni tutti quelli che incontra per strada. La priorità è avere notizie, notizie certe: quanti sono gli arrestati, quanti i feriti, c’è qualcuno del treno tra di loro? A mezzanotte dobbiamo partire. Iniziamo a contarci, ma è un’impresa folle, alcuni potrebbero stare ancora per strada, altri potrebbero andare direttamente alla stazione, ma come si fa a partire rischiando di lasciare qualcuno a Praga?!? Telefoniamo all’Ambasciata italiana, chiediamo di ottenere una lista con i nominativi degli italiani arrestati, dopo qualche minuto ci dicono che: 1. la polizia ceca rifiuta di fornire qualsiasi tipo di informazione; 2. se il treno non parte entro l’orario stabilito passeranno alle maniere forti. Alle 22.30 inizia un’assemblea per decidere insieme cosa fare; le posizioni sono le più disparate ma si possono riassumere in tre principali: 1. Restiamo tutti a Praga finchè non sia chiara la situazione di tutti i fermati. 2. Lasciamo un <gruppo di contatto> a Praga che si occupi degli arrestati, ma facciamo partire il treno. 3. Partiamo! Partiamo subito! Sono questi i momenti in cui odi le mille diversità che si incontrano in un movimento; come non sentire la necessità di trovare il modo per aiutare ragazzi come te fermati dalla polizia di un paese che tutto può essere meno che democratico? Fortunatamente la posizione numero tre viene bocciata! Nel frattempo il censimento del campeggio è finito: manca una sola persona; speriamo tutti di trovarlo sui binari così decidiamo di iniziare ad andare alla stazione. h. 24. inizia una lunga marcia per raggiungere il treno (il governo ceco ci ha negato un servizio di autobus); la strada è lunga, il paesaggio spettrale, non una macchina civile solo polizia in assetto antisommossa. A metà strada le forze del disordine ci lanciano un petardo, ma fortunatamente nessuno reagisce: era una trappola, dietro l’angolo c’erano cinquecento robocop in attesa. Finalmente arriviamo, di Marco, il ragazzo che mancava, nemmeno l’ombra, solo polizia, tanta polizia! Un ufficiale ceco ci dice in tedesco che hanno tanta voglia di romperci il c... aspettano solo un buon motivo. Non ci sono alternative, siamo tutti troppo stanchi per poter immaginare di resistere a una carica, l’unica possibilità che abbiamo è partire; amareggiati saliamo su quel maledetto treno dopo esserci assicurati che qualcuno restasse ad occuparsi di Marco e degli altri. Torniamo in Italia, è finita! Sui giornali le solite cose: pagine e pagine sulle vetrine distrutte di due McDonald, poche righe sui pestaggi e sugli 800 arresti, zero assoluto su una manifestante americana che “scivola” dalla finestra di un commissariato ceco rompendosi la spina dorsale, sulla violenza della polizia che usava anche i cani per caricare i manifestanti.
Di LUCA ZULU’ e MARCO POSSE
MUSICA di Repubblica – 19/10/00
giovedi 19 ottobre 2000
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